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Sinestesie

Succede che i giorni siano impasto di sinestesie.


Capita d’improvviso, eppure nel momento appropriato, che il quarto episodio della terza stagione di Lilyhammer – serie Netflix per pranzi veloci – racconti un sogno di sci, salti, discese, colli rotti e ricostruiti sulle note di What is Love, il tormentone di Haddaway, risuonato dal 1993 fino ai giorni nostri.

Forse qualcuno lo conosce solo grazie al remix di David Guetta, ma per chi, come me, viene da più lontano è stato un punto fisso di una mobile disco dance. Fraseggio lineare, tutto giocato intorno ad una interrogazione che vale rispetto a mille situazioni (al di là della baby protagonista della domanda) e intonato su un ritmo appetibile, coinvolgente, fatto di bassi e di rimandi vocali tra maschile e femminile, alternati su un tempo 124 BPM, mentre i sintetizzatori dicono in modo nuovo il trapasso dagli anni 80 verso la fine di un secolo controversamente pieno e bello.

Di colpo la neve norvegese di Lillehammer perde la sua consistenza esterofila e si trasforma nel fiocco valsusino che mi ha fatto cadere e rialzare, mi ha abbracciata e rinfreddita a Bardonecchia, dove ora sono con quei 32 anni di meno.


Ovvero, sono al sole (caldissimo) di Perugia, sul terrazzo aperto sull’infinito, eppure davanti a me non c’è Monte Malbe, ma il Colomion e lo Jafferau con creste, punte e prati di velluto, campo Smith con i suoi tavoli legnosi e il cagnolino circuitante dei proprietari, la birra ghiacciata e le bolle in ombra sul libro aperto, il cappellino al contrario, la crema ultra 50+, l’odore del sole sulla pelle, l’energia come se non avesse una fine.


E, infatti, una fine non l’ha.


Perché mi viene da ballare sulla pista privata perugina per dire la voglia di vita che supera le circostanze e traspira dall’epidermide, si diffonde nell’aria e poi torna dentro in un respiro profondo e liberatorio. Lo faccio, senza scherzi, a 35 gradi tra rosmarini, fragole e gerani.


Perché il senso di questa vitalità me l’hanno dato in dono ed è il cognome più forte che potessi desiderare, quello che, se mi avessero chiesto quando ancora naufragavo in grembo, avrei scelto. Così sono, come allora, quando ballavo per ore senza desistere e intanto marciavo verso Pian del Sole, ripetendo frammenti di codici e minuettando argomenti tra dottrina e giurisprudenza. Quando fraseggiavo tra i miei passi civilelavoropenaleproceduracivileinternazionaleprivatodeontologia (sì era un tutto inscindibile) per l’esame orale d’avvocato e poi tornavo per scrivere la sera su quell’altro terrazzo che c’è ancora ed è la ad aspettare con il brindisi preparato in ogni tempo da mio padre, che forse proprio lì ha voluto andar via da questa vita per espandere la mia forza buona di quei tempi, dicendomi “non dimenticare il passo, mai, e l’aria pura, pulita come l’acqua, e, se puoi, balla, continua a ballare in mezzo ai tuoi giorni”.


E infatti sono qui e ballo (per davvero).


This is our life, our time.


What is love?


Questo caro Haddaway.

Fare del 1993 il 2025 senza soluzione di continuità.

Una sinestesia temporale che già punta al futuro.

 
 
 

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